Scrivo queste ultime righe nella speranza che
sopravvivano a me ed ai miei compagni, affinchè non veniamo dimenticanti nel nuovo mondo
che sta per sorgere. Il mio nome è Sorin Bergemont, e sono niente. Ero uno dei servitori
personali del principe, ma adesso che che la famiglia reale giace in un lago di sangue
nella Sala del Suicidio non sento d'avere più un'identità, giacchè più della metà dei
miei cinquantadue anni di vita è stata spesa ad accudire il giovane re Albror prima, e
suo figlio il principe Sacha poi. Chi troverà questo manoscritto ( se mai verrà trovato
) si chiederà certamente perchè le cronache degli ultimi momenti del regno di Arenai
siano state affidate ad un umile e vecchio servo, una nullità come me. La ragione è che,
tra i sopravvisuti, sono l'unico capace di scrivere. Il bardo di corte si è lanciato
dalle mura del castello dopo aver composto una maledizione in versi rivolta agli Invasori,
e tra i prodi cavalieri e gli altéri nobili con cui condivido le ultime ore non c'è
nessuno che conosca l'alfabeto. Adesso che la morte si avvicina sembra che si siano
accorti di me per la prima volta, liberati da quei ruoli che imponevano loro di trattarmi
come un animale, di non posare mai lo sguardo su di me, di punirmi duramente ad ogni
errore. E' strano e comico il modo in cui giaciamo in questo gran salone, poveri servitori
assieme a importanti personaggi, aspettando tutti che si compia un destino oramai
inevitabile. Ser Driskoll sta affilando per l'ultima volta la
sua spada, ma non credo che s'illuda di poterla usare contro gl'Invasori. Penso che voglia
piantarsela nel petto, perchè nei suoi occhi leggo lo stesso barlume di follia che
scintillava nello sguardo dei reali prima d'entrare nella Sala del Suicidio, o in quello
di Alenna prima di tagliarsi la gola da parte a parte davanti a nostro figlio Elshan.
Elshan è qui accanto a me, mentre scrivo. E' riuscito finalmente ad addormentarsi, ma si
agita nel sonno ed i suoi lamenti mi riempiono il cuore di pena, perchè sognavo per lui
un avvenire luminoso, ed invece lo vedo condannato a morire, per di più con il ricordo di
una scena terribile a tormentarlo fino al sopraggiungere del momento finale. Ha solo
diciassette anni, diciassette anni! Non piango per Alenna, so che è in un posto migliore
e presto, molto presto, la raggiungeremo anche io ed Elshan. Solo vorrei che non lo avesse
fatto davanti al ragazzo, e ripensandoci, avrei anche voluto essere lì per darle un
ultimo bacio. Come lei, centinaia di persone nel castello hanno preferito una morte rapida
ad una fine da topi in trappola, ed io non posso certo biasimarli. Se sono ancora qui è
perchè voglio dimostrare a mio figlio che sono in grado di affrontare il mio destino fino
all'ultimo istante, che anche un servitore può ricevere una fine dignitosa se il suo
animo è coraggioso. In realtà la paura di essere preso vivo da quelle...creature mi
attanaglia il cuore e fa tremare la penna tra le mie dita, ma la decisione è presa e
spero d'essere abbastanza forte da non ritornare indietro. E' così facile scegliere di
darsi la morte quando dalla finestra scorgi un esercito sterminato di Nuovi Uomini le cui
vesti sono fatte di pelle umana e nei cui cuori ( se cuori battono all'interno dei loro
petti tatuati ) non v'è spazio alcuno per quelli che noi chiamiamo sentimenti. Credevo
che Luthor il boia fosse un uomo crudele perchè eseguiva le decollazioni ridendo
soddisfatto. Ho visto i Nuovi Uomini radunare fanciulli in un recinto e con essi nutrire
le loro belve da battaglia ed ho capito che sbagliavo. Sono il popolo che dominerà su
tutto e tutti, perchè non permettono alla loro malvagità di sopraffarli, attingendo ad
essa in modo paurosamente pratico ed efficace, mai folle come invece usavano fare gli
sciocchi regnanti di un mondo che scompare. Nemmeno davanti ad una minaccia così tremenda
i re, i conti, i duchi e i signori della guerra sono riusciti a far fronte comune per
sperare di poter contrastare questi formidabili invasori, e la loro disfatta è l'unica
cosa che mi consola mentre aspetto di morire tra queste quattro mura, all'interno di
questa tomba che una volta era la fortezza di Arenai, la terra che non conosceva
sconfitta.
Guardo lord Mishiman e sua moglie Zarna. Poco prima che tutto
iniziasse a finire il loro figlioletto di dieci anni volle provare su di me l'efficacia
dei dardi della sua piccola balestra, ed io, che osai scansarmi, fui punito da lord
Mishiman con sedici frustate ch'egli m'inflisse personalmente con il beneplacito del re
mio signore. Ora che li vedo lì a terra, i volti fissi nel vuoto, le mani intrecciate in
una preghiera stanca e inutile, non riesco nemmeno più a provare odio per loro. Il
bambino è stato schiacciato dalla folla in fuga all'arrivo degl'Invasori, e da allora non
li ho più uditi pronunciare una singola parola. Non riesco a capire perchè non abbiano
ancora commesso suicidio, probabilmente sono troppo vigliacchi o così stupidi da sperare
che gli dèi aiuteranno i loro ultimi figli a sconfiggere i Nuovi Uomini. Ma gli dèi non
esistono, o sono morti, oppure giacciono impotenti sui loro troni di marmo, lasciandoci
alla mercè dell'orda ch'è sbucata dalla Montagna del Miasma e che ora preme alle porte
della fortezza, levando bestiali urla in una lingua che nessuno riesce a decifrare.
Sento la stanchezza gravarmi sulle palpebre, e non posso che
desiderare di addormentarmi per l'ultima volta. Che mi attenda un paradiso di luce
perpetua oppure l'eterno nulla poco m'importa, giacchè niente potrebbe essere peggiore
dell'incubo che stò vivendo qui, mentre sono ancora carne ed ossa, e questo in una
qualche misura mi è di conforto. Credo che riposerò un poco...
Un boato mi ha richiamato dall'oblìo in cui ero sprofondato con
gratitudine ore prima. Elsham è sveglio e spaventato accanto a me, ma degli altri non
v'è traccia. Accostandomi alla finestra ho visto ciò che temevo: gl'Invasori hanno
sfondato la grande porta di ferro della fortezza e si stanno riversando all'interno del
cortile principale. Dèi del cielo e dell'inferno, sono decine di migliaia! Il mio
pugnale, è ora di farla finita...
Un pensiero folle mi ha convinto alla fine a rimandare il gesto
estremo cui mi ero risoluto. Stiamo scendendo, io ed Elsham, veloci e furtivi come pantere
nella notte, terrorizzati come scoiattoli inseguiti da un'aquila reale. Attraversiamo un
corridoio ingombro di armature rovesciate; elmi ed altre parti di corazze sono dappertutto
sul pavimento, ultime vestigia dello splendore guerriero del regno che muore, trofei da
esibire per la razza dei Nuovi Uomini che verrà. Scendiamo ancora, scavalcando cadaveri
dai polsi squarciati riversi sui gradini di una gran scalinata, alla fine della quale
giungiamo agli alloggi della plebe. Tutto odora di morte e disperazione, e faccio appena
in tempo a coprire gli occhi di Elsham con la mia mano quando m'imbatto in un'intera
famiglia di servitori che penzola da una trave del soffitto. Cambiamo strada, diretti alle
stanze che furono nostre, e nella piccola cucina con le pareti crepate ed il tavolo
traballante mi sembra di scorgere Alenna che prepara la cena, ma l'ombra scompare nel
tempo d'un battito delle mie vecchie palpebre, ed io so di non avere tempo per fermarmi a
rincorrere i fantasmi. C'è un corridoio alla fine del quale una porta si apre sul
cortile. Il rischio è quello di trovarsi faccia a faccia con gl'Invasori, ma il coraggio
dei disperati ci spinge ad osare, ed Elsham mi segue anche se non ha idea di dove lo stia
conducendo. Sento per la prima volta la sua fiducia, sento la sua vita nelle mie mani, e
mi fermerei ad abbracciarlo, se non fossimo in una situazione in cui ogni istante è
prezioso ed ogni rallentamento può significare la morte, o peggio ancora la cattura.
Siamo dall'altra parte. La pesante porta che conduce alle segrete ha
ceduto, ma le scale buie che scendono nel sottosuolo ci lasciano esitanti, pur consapevoli
di non avere scelta. Sento il ruggire insopportabile e alieno di una di quelle maledette
belve da battaglia, ed è troppo vicino per indugiare ancora. Scendiamo, e mentre il puzzo
fetido dell'urina e della decomposizione ci riempie i polmoni oso pensare per la prima
volta che possiamo farcela. Soltanto io sapevo del buco che Dargh il ladro scavava da anni
nel muro della sua cella; me lo confidò durante il breve periodo di tempo in cui divisi
la cella con lui per aver tentato di rubare del cibo dalle cucine reali. Avvenne più di
dieci anni fa, e ringrazio me stesso di non aver riferito la cosa alle guardie, perchè se
quel buco esiste ancora e porta all'esterno della fortezza possiamo uscirne vivi. C'è una
torcia spenta appoggiata ad una parete umida. L'accendo, e l'inferno delle segrete si
svela dinanzi ai nostri occhi lacrimanti per il fetore, paralizzandoci per qualche
secondo. Quasi tutti i poveri diavoli che giacciono in condizioni disumane nelle celle
brulicanti di vermi e mosche sono ignari di ciò che sta accadendo nel mondo sopra le loro
teste. Ci chiamano protendendo tra le sbarre braccia scheletriche che impongo ad Elshan
d'ignorare, mentre cerco con crescente frenesia la cella di Dargh, pregando che in dieci
anni abbia ultimato il suo lavoro. La trovo, ed è vuota. Devo aprirla, ma non ho chiavi
da girare nella serratura nè oggetti per sfondare le spesse sbarre arruginite. Elsham
deve aver intuito le mie intenzioni, perchè si accanisce contro la porta della prigione
in maniera furiosa, menando calci, caricando di spalla, spingendo con ogni sua forza. Il
baccano è formidabile, perchè tutti i prigionieri lo incitano con urla e bestemmie,
picchiando sui muri celle con qualsiasi cosa abbiano a disposizione. Devono credere che
siamo venuti a liberali, ed io non farò nulla per privarli di una tale piacevole
illusione, almeno finchè non vi sarò costretto. La porta cede! Elshan è riuscito a
sfondarla, doveva essere ben erosa dagli anni, e si è abbattuta al suolo con un clangore
terribile, ch'è risuonato al di sopra delle urla dei carcerati. E' tempo...è tempo di
cercare il buco di Dargh...
Sono felice. Il buco esiste, ed Elshan in questo istante stà
correndo verso la salvezza, lontano dal castello assediato e dalla crudeltà dei Nuovi
Uomini. Non so quale sarà il futuro cui andrà incontro, ma mi basta saperlo vivo, e mi
piace immaginare che potrà un giorno guidare la riscossa dei Vecchi Uomini contro
gl'Invasori tatuati che odio più d'ogni altra cosa.
Il passaggio non è abbastanza largo per permettermi di passare. Non
m'importa, sono felice per la vita di mio figlio, per il modo in cui m' ha abbracciato
prima di scomparire nel muro, per non aver scelto di darmi la morte quando eravamo soli
nella sala e vedevamo l'immane esercito riversarsi nel cortile. Un giorno Elshan avrà dei
figli, e racconterà loro di suo padre con orgoglio e commozione. Non parlerà dell'umile
servo, non del sottomesso vecchio che sopportava umiliazioni continue senza mai reagire.
No. Parlerà del coraggioso genitore che lo condusse alla salvezza e rimase a morire nella
fortezza invasa, dopo averlo salutato senza versare una sola lacrima. Tutto questo, e solo
questo, mi dà la forza di affrontare gli ultimi momenti. I prigionieri si sono fatti
improvvisamente silenziosi, e vedo distintamente il bagliore d'innumerevoli torce
avvicinarsi inesorabilmente accompagnato dal rimbombare di passi Nuovi e tremendi. Ho
preso il pugnale, e lo punto alla gola.
Vengono, è ora...